Una delle cause più grandi del nostro dolore sono le emozioni negative. Queste emozioni possono essere provocate sia da eventi esterni, e sia sorgere a seguito dei nostri pensieri limitanti ed autodistruttivi.
Quello che non ancora tutti sanno con certezza è che sia quelle emozioni negative, che i pensieri limitanti, non appartengono veramente a noi. O perlomeno, se ci identifichiamo totalmente con il nostro corpo, con il mammifero che abitiamo, allora si, possiamo anche dire che sono nostri, ma la realtà è un’altra. La realtà è che la coscienza dell’Io, quella che possiamo identificare con il nostro vero io, quella coscienza che ci permette di osservare i pensieri (di chi?) e di percepire le emozioni (che magari non vorremmo, quindi di chi?) è ben diversa dalle altre coscienze che ci governano per oltre il 95% del tempo e che gestiscono i movimenti del corpo, le emozioni che spesso ci assalgono, e i pensieri che non ci lasciano riposare.
So che a qualcuno potrebbe venire l’obiezione: ma se tutto è Uno, perché dividere, non è un controsenso? Non è contrario a una visione spirituale della vita? La risposta a queste obiezioni è molto semplice: possiamo arrivare all’Uno quando veramente abbiamo integrato tutte le coscienze che sono in noi, ma finché cercheremo l’Uno solo per scappare da ciò che ci fa paura, solo per non affrontare l’oscurità e la nostra realtà che, per ora, è ancora umana, allora rischieremo di non vivere mai quell’Uno che tanto agogniamo. Se ancora non sappiamo fare miracoli, se ancora non sappiamo vivere l’Amore incondizionato, dobbiamo allora avere l’umiltà di cominciare dall’inizio, senza saltare tutti quei gradini che vorremmo evitare di salire.
Spiego molto bene la realtà dell’essere umano nel mio nuovo libro “Le 3 Menti Inconsce – la chiave per guarire la tua vita”, in questo articolo ci soffermiamo solo sulla questione se e come sia possibile guarire le emozioni negative.
Possiamo affrontare la questione da due punti di vista: quello puramente materiale e quello spirituale. Da un punto di vista puramente materiale resta da spiegare l’origine della coscienza dell’Io, quella coscienza che dorme per la gran parte del tempo e che ci permette di osservarci. Quella è l’unica coscienza che ci differenzia dagli altri mammiferi e che pare non avere nulla a che fare con l’evoluzione della vita sulla Terra. Come spiego infatti nel libro sopra citato, anche con il supporto di scoperte scientifiche, le altre coscienze, quelle che chiamo Sè fisico (che ha come obiettivo la sopravvivenza), Sè istintivo (che ha come obiettivo la socializzazione) e Sé mentale (il cui obiettivo è l’individualizzazione), appartengono a tutte le forme di vita di questo pianeta, seppure con diversi livelli di capacità cognitiva e si sono sviluppate, a partire dalle prime cellule, fino al mammifero più evoluto, l’essere umano.
Ciò che la scienza non ha ancora spiegato è come sia arrivata nell’essere umano quella coscienza che ci permette di osservarci. Inoltre, mentre per tutte le altre tre coscienze è stato individuata una corrispondente area del cervello, ciascuna separata ed indipendente dalle altre, per la coscienza dell’Io non è stato individuata sul piano fisico un’area deputata alla sua attività.
In ogni caso, emozioni negative e pensieri distruttivi sono patrimonio delle coscienze del mammifero umano (il Sé istintivo, che vive esclusivamente di emozioni, ed il Sè mentale che vive di pensieri) e il loro svilupparsi (di emozioni e pensieri limitanti) è diretta conseguenza delle esperienze vissute, soprattutto nella primissima infanzia. Anche di questo tratto dettagliatamente nel libro citato. Ora, la coscienza dell’Io non può che prendere atto di questa situazione. Si ritrova ad abitare un mammifero che ha sviluppato modelli di comportamento, emozioni e convinzioni sulla base delle esperienze vissute, non certo perché è un mammifero nato male, e l’unica cosa saggia che può fare l’Io è prendersi cura di tali coscienze “inferiori”, così che gli permettano di vivere una vita più sana e felice.
Se vogliamo affrontare invece la questione da un punto di vista spirituale, il problema da dove arrivi la coscienza dell’Io è presto risolto. L’Io altro non è che l’anima incarnata (givatma) che, avendo perso il contatto (velo di Maya) con la sua origine (atma), si ritrova su questo piano fisico, sperduta, con il compito di affrontare le lezioni che, sul piano animico, ha scelto di vivere. L’ho detta appoggiandomi alla cultura dell’India, ma, con altre parole, ritroviamo gli stessi concetti in tutte le religioni.
E come fa quest’anima a far sì di incontrare nella vita proprio le lezioni che ha scelto? Semplice, sceglie una data per la sua incarnazione, una nazione, una città e dei genitori, che la inseriranno in un contesto sociale e le faranno vivere quelle esperienze che creeranno nelle sue tre menti inconsce (il Sé fisico, il Sé istintivo ed il Sé mentale) quei comportamenti reattivi, quelle emozioni e quei pensieri limitanti che dovrà affrontare come Io, o anima incarnata, nella vita adulta.
Ora, se per la visione materiale il prendersi cura delle coscienze inferiori è un discorso puramente etico e funzionale al benessere dell’Io, da un punto di vista spirituale abbiamo un motivo ben più importante. Infatti prendersi cura e guarire i tre Sé “inferiori” equivale al processo alchemico di trasmutare il piombo in oro, o al portare luce dove c’è oscurità, o al sciogliere il proprio karma, compito che ciascuna anima, prima o poi, dovrà affrontare se vorrà liberarsi dalle tenebre dell’incoscienza.